Poi si soldi.Il procuratore li aveva sempre versati a mio padre, tutti quelli che vincevo come premio gara e quelli che icevevo dagli sponsors.Era un bel gruzzolo, e mio padre mi aveva sempre assicurato che mi sarebbero serviti perl'università, chè noi ricchi non eravamo.Io correvo e sognavo l'università, con i suoi sogni e la promessa di una carriera folgorante.
Correvo sempre più forte.Vincevo.
Poi vennero gli impegni seri, con il circuito dei Master e i vari campionati europei.Mi ero scoperto forte anche nel mezzofondo, e cominciai ad allenarmi sulla lunga distanza.Non ero il massimo, ma miglioravo di volta in volta, alcune settimane di giorno in giorno rosicchiavo secondi su secondi.IL mio allenatore spingeva, io davo anima e corpo.Ma non sarebbe durata.La provviggione del mio agente di stagione in stagione aumentava, e quando ebbi l'occasione per poter alzare un pò la voce, mi rispose che se non c'era lui io col cavolo che sarei arrivato dove ero arrivato che dovevo ringraziarlo piuttosto.
Io mi arrabbiavo molto, ma quell'anima buona di mio padre mi riusciva sempre a calmare.Non ti preoccupare mi diceva.Poi andrai all'università tra qualche mese, ripeteva.Cambierai città e vedrai tutto si aggiusta.
Poi andai all'università:Allenarmi fu più facile, al mi a facoltà mi permetteva di gestirmi gli orari come volevo.Anni passati a correre, vincere e studiare.Tutto perfetto,ma quando cominciai a fermarmi con la crescita, intorno ai 20 anni, il mio corpo mise uno stop alle sue prestazioni.Perdevo, a volte.Le gambe mi mancavano sull'arrivo, il fiato si faceva pesante.I miei avversari sembravano più forti di me.E dire che li avevo battuti qualche anno prima ed erano schiappe.Mezze seghe.
Il mio nuovo allenatore un giorno mi convocò per dirmi che sarei dovuto andare con lui da un nuovo preparatore, un dottore molto bravo e famoso, che con degli aiutini avrebbe rinnovato le mie energie e avrebbe guidato il mio allenamento.Ci andammo insieme, io dissi di sì perché non mi piaceva perdere.Non mi era mai piaciuto, non ero abituato ai gradini bassi del podio, alle medaglie di bronzo.Mi fece una visita lunghissima, delle analisi del sangue, praticamente mi dissanguò, poi mi disse che con la mia "macchina corpo" si sarebero fatte delle cose inimmaginabili, che avevo delle caratteristiche genetiche eccezionali.Cominciò col prescrivermi delle iniezioni di robe ricostituenti.Mi allenavo come al solito, ma stavolta vincevo.Mi sentivo meglio, non sentivo il solito dolore a fine gara e anche i recuperi erano migliori.Una volta, tornato a casa dei miei, mia madre mi disse che ero diventato muscoloso, che così non mi aveva mai visto e che neanche mio nonno che era un cristone era grosso così.Io me ne fregai, là per là.
Poi un giorno venne il mio procuratore nuovo, insieme al medico famoso.Mi dissero che stavo andando alla grande e che adesso era il caso di spingere, che rispondevo bene, che i tempi erano maturi.E giù delle pillole.Raccomandazione perentoria: quando alle agre mi sarei dovuto presentare per fare pipì, sarei dovuto andare da loro, mi avrebbero dato un vasettino con dell'urina buona da nascondere nelle mutande e sostituirla al posto della mia.Dissero che era perchè il comitato olimpico aveva bandito alcuni ricostituenti che prendevo, che rano tutti scemi, che li prendevano anche i bambini, ma di non preoccuparmi.
Feci così per molte gare.Piscio finto, controllo ok.
venerdì 27 gennaio 2006
martedì 24 gennaio 2006
L'amour ah l'amour!!!
Mi incamminai svelto verso l'uscita del cinema, facendo attenzione che lei non mi vedesse.Non potevo rischiare, avevo già provveduto a farmi quasi notare nell'androne, al banco dei pop-corn.Non volevo mi vedesse.Ero cambiato, tanto, troppo, e vedendomi così lei forse si sarebbe data impotranza: ah guardalo , una li lascia ed eccoteli lì, rinnovati e ripuliti che non sembrano neanche loro ah a saperlo prima ah.
Mi accesi una sigaretta quasi subito, sulla soglia del cinema, e sbuffai il fumo verso la porta di vetro.Era con il suo nuovo fidanzato: meglio di me?Maddai mi ripetevo, quasi come un mantra.O sarà un amico?Sti cazzi dissi ad alta voce, e una ragazza che vicino a me fumava anche lei si voltò e mi guardò un attimo, per poi tornare immersa nei suoi pensieri.
Ovviamente dovevo pensare anche alla mia "amica" che mi stava aspettando dentro.Non ce la facevo a stare calmo con le mia ex dentro al stessa sala, due fila più avanti, che magari di tanto in tanto dava un bacio al suo nuovo fidanzato.No decisamente.Le mando un messaggio sul telefonino e buonanotte, se capisce capisce sennò sti cazzi dissi ad alta voce, e la ragazza di prima mi fisò nuovamente, questa volta con insistenza.Io che già stavo girato per i cazzi miei le chiesi Ma tu anche ti ci metti? lei mi fa un sorriso a mezza bocca che io...Ma parli con me mi dice Si dico io Cosa mi guardi, perchè parlo da solo?Stacci te col tuo ex che ti ha lasciato per un'altra nello stesso cinema io mi rifiuto anzi mi incazzo Maddai mi risponde lei.
Si maddai lo dico pure io però non sto calmo e io quando non sto calmo faccio cazzate dico io Mi fai ridere dice lei Allora ti ho conquistato un uomo che fa ridere una donna l'ha conquistata dico io Si come no dice lei, e se ne va sorridendo.
Io a questa ulteriore pigliata per il culo della vita ho deciso che vado a casa.La mia amica che si fottesse, putanassa vacassa.
Mi accendo un'altra sigaretta e mi incammino.Sticazzi dico io.
Mi accesi una sigaretta quasi subito, sulla soglia del cinema, e sbuffai il fumo verso la porta di vetro.Era con il suo nuovo fidanzato: meglio di me?Maddai mi ripetevo, quasi come un mantra.O sarà un amico?Sti cazzi dissi ad alta voce, e una ragazza che vicino a me fumava anche lei si voltò e mi guardò un attimo, per poi tornare immersa nei suoi pensieri.
Ovviamente dovevo pensare anche alla mia "amica" che mi stava aspettando dentro.Non ce la facevo a stare calmo con le mia ex dentro al stessa sala, due fila più avanti, che magari di tanto in tanto dava un bacio al suo nuovo fidanzato.No decisamente.Le mando un messaggio sul telefonino e buonanotte, se capisce capisce sennò sti cazzi dissi ad alta voce, e la ragazza di prima mi fisò nuovamente, questa volta con insistenza.Io che già stavo girato per i cazzi miei le chiesi Ma tu anche ti ci metti? lei mi fa un sorriso a mezza bocca che io...Ma parli con me mi dice Si dico io Cosa mi guardi, perchè parlo da solo?Stacci te col tuo ex che ti ha lasciato per un'altra nello stesso cinema io mi rifiuto anzi mi incazzo Maddai mi risponde lei.
Si maddai lo dico pure io però non sto calmo e io quando non sto calmo faccio cazzate dico io Mi fai ridere dice lei Allora ti ho conquistato un uomo che fa ridere una donna l'ha conquistata dico io Si come no dice lei, e se ne va sorridendo.
Io a questa ulteriore pigliata per il culo della vita ho deciso che vado a casa.La mia amica che si fottesse, putanassa vacassa.
Mi accendo un'altra sigaretta e mi incammino.Sticazzi dico io.
sabato 21 gennaio 2006
Corsa a mano armata/1
Questo è un racconto che ho deciso di pubblicare a pezzi.E' in fase di stesura, è quello che tecnicamente si chiama "Bozza di romanzo breve".
enjoy.
Corsa a mano armata
Me li ricordavo ancora quei pomeriggi di inizio estate, passati a correre lungo la vecchia statale, con ai piedi delle timide scarpette di tela, che lasciavano certe vesciche dopo giorni tramutatesi in calli, e le magliette bianche di cotone, troppo piccole o troppo largeh per essere indossate a scuola nell'ora di ginnastica.Ricordavo ancora il sapore di quei fiori gialli, che se ne masticavi il gambo sapevano di limone, e di come ci si prendesse in giro sul fatto che lì ci avessero pisciato legioni intere di gatti.Erano bei tempi.
Poi, erano cresciuti i muscoli, e un signore sulla vecchia statale aveva domandato se era tanto che correvi, se correvi sempre così veloce, e se ti sarebbe piaciuto correre per davvero, per una società.Tu ti eri fermato, ansimando.Lo avevi guardato bene, non sembrava un pazzo o un maniaco.Gli avevi detto come ti chiamavi, dove abitavi, e che se era vero quello che diceva ne doveva parlare con i tuoi genitori, chè tu eri ancora ragazzo.
Venne il giorno dopo, con un vestito elegante e una valigetta nera di pelle, consunta, ma che un tempo era stata bellissima.Disse che era un procuratore sportivo, e che poteva farti guadagnare grazie alla tua passione e alle tue capacità.Il papà lo guardava perplesso, sprofondato nella poltrona, senza dire una parola, mentre mamma andava e veniva dalla cucina dove aveva messo su il caffè.
Poi il signore aveva preso un libretto di assegni, e ne aveva messo uno in mano al papà, che aveva strabuzzato gli occhi, e aveva ripetuto tante volte che dovevo però continuare a studiare con profitto.
Da lì in poi mi diedero delle belle scarpe da corsa vere, dei bei completini blu elettrico, e cominciai ad allenarmi in pista.
Mi ci allenai per 2 anni, prima di fare la mia prima gara.Conoscevo il fondo di quella pista come le mie tasche, e qualche volta mi divertivo a ricordarne le crepe e le scrostature mentre a terra stiravo i muscoli delle mie gambe.
Le mie gambe.
Il mio allenatore mi diceva sempre di impegnarmi, perchè con quelle gambe lì ci sarei andato alle Olimpiadi un giorno, e tutti dovevano vederle in forma splendida.
Gare.Ed io che vincevo.
Sempre.
E io per scaramanzia facevo sempre un verso sul traguardo, un "UM!" soffocato, come lo feci alla mia prima gara che vinsi, perchè pensavo mi portasse fortuna.
Tornavo a casa stanco, con le gambe dolenti, e gli amici che passavano a trovarmi per uscire, i miei no-non-esco-non-ce-la-faccio.La mattina presto mi allenavo, poi scuola, poi allenamento, poi studio, poi dormire.
Per anni.L'estate poi, senza scuola, era un correre-saltare-correre continuo.Anni.
Di ragazza poi neanche a parlarne.Mi avrebbe distratto.Anche se in una delle competizioni juniores europee avevo baciato una atleta della squadra spagnola.Poi via,che se ci avessero beccato.
Ricordo ancora i miei 18 anni, con gli amici, pochi, a farmi festa, con i compagni della squadra, l'allenatore.
La consapevolezza di essere fra i grandi, di poter fare le gare "vere" come diceva il procuratore.Con gente che si allena da una vita, che conosce i trucchi.
Vincevo.Anche quelle.
Le mie gambe volavano.Si muovevano da sole, un unico ingranaggio con cuore e polmoni.Io volevo che andassero, loro andavano, sempre più forte, che alcune volte mi sembrava di volare quando ero davanti a tutti, sulla linea del traguardo, immaginavo che un giorno ci avrei spiccato il volo.
enjoy.
Corsa a mano armata
Me li ricordavo ancora quei pomeriggi di inizio estate, passati a correre lungo la vecchia statale, con ai piedi delle timide scarpette di tela, che lasciavano certe vesciche dopo giorni tramutatesi in calli, e le magliette bianche di cotone, troppo piccole o troppo largeh per essere indossate a scuola nell'ora di ginnastica.Ricordavo ancora il sapore di quei fiori gialli, che se ne masticavi il gambo sapevano di limone, e di come ci si prendesse in giro sul fatto che lì ci avessero pisciato legioni intere di gatti.Erano bei tempi.
Poi, erano cresciuti i muscoli, e un signore sulla vecchia statale aveva domandato se era tanto che correvi, se correvi sempre così veloce, e se ti sarebbe piaciuto correre per davvero, per una società.Tu ti eri fermato, ansimando.Lo avevi guardato bene, non sembrava un pazzo o un maniaco.Gli avevi detto come ti chiamavi, dove abitavi, e che se era vero quello che diceva ne doveva parlare con i tuoi genitori, chè tu eri ancora ragazzo.
Venne il giorno dopo, con un vestito elegante e una valigetta nera di pelle, consunta, ma che un tempo era stata bellissima.Disse che era un procuratore sportivo, e che poteva farti guadagnare grazie alla tua passione e alle tue capacità.Il papà lo guardava perplesso, sprofondato nella poltrona, senza dire una parola, mentre mamma andava e veniva dalla cucina dove aveva messo su il caffè.
Poi il signore aveva preso un libretto di assegni, e ne aveva messo uno in mano al papà, che aveva strabuzzato gli occhi, e aveva ripetuto tante volte che dovevo però continuare a studiare con profitto.
Da lì in poi mi diedero delle belle scarpe da corsa vere, dei bei completini blu elettrico, e cominciai ad allenarmi in pista.
Mi ci allenai per 2 anni, prima di fare la mia prima gara.Conoscevo il fondo di quella pista come le mie tasche, e qualche volta mi divertivo a ricordarne le crepe e le scrostature mentre a terra stiravo i muscoli delle mie gambe.
Le mie gambe.
Il mio allenatore mi diceva sempre di impegnarmi, perchè con quelle gambe lì ci sarei andato alle Olimpiadi un giorno, e tutti dovevano vederle in forma splendida.
Gare.Ed io che vincevo.
Sempre.
E io per scaramanzia facevo sempre un verso sul traguardo, un "UM!" soffocato, come lo feci alla mia prima gara che vinsi, perchè pensavo mi portasse fortuna.
Tornavo a casa stanco, con le gambe dolenti, e gli amici che passavano a trovarmi per uscire, i miei no-non-esco-non-ce-la-faccio.La mattina presto mi allenavo, poi scuola, poi allenamento, poi studio, poi dormire.
Per anni.L'estate poi, senza scuola, era un correre-saltare-correre continuo.Anni.
Di ragazza poi neanche a parlarne.Mi avrebbe distratto.Anche se in una delle competizioni juniores europee avevo baciato una atleta della squadra spagnola.Poi via,che se ci avessero beccato.
Ricordo ancora i miei 18 anni, con gli amici, pochi, a farmi festa, con i compagni della squadra, l'allenatore.
La consapevolezza di essere fra i grandi, di poter fare le gare "vere" come diceva il procuratore.Con gente che si allena da una vita, che conosce i trucchi.
Vincevo.Anche quelle.
Le mie gambe volavano.Si muovevano da sole, un unico ingranaggio con cuore e polmoni.Io volevo che andassero, loro andavano, sempre più forte, che alcune volte mi sembrava di volare quando ero davanti a tutti, sulla linea del traguardo, immaginavo che un giorno ci avrei spiccato il volo.
mercoledì 18 gennaio 2006
giovedì 12 gennaio 2006
...direttamente da senefelder straße...
a monaco fa un freddo bestia. ma bestia. soprattutto, ci hanno detto, durante questo periodo dell´anno. ci sono zero gradi in media. spesso e volentieri si arriva a meno sette. si, meno sette gradi sotto zero. vabbe´. le tastiere dei computer dell´ostello (ottimo) non sono qwerty. quindi non mi esce facile scrivere. vabbe´. comunque c´e´ il wireless a manetta. solo che mi secca attaccare il pb ogni volta. in effetti potevo lasciarlo a casa come avrei voluto ma lasciamo perdere, questa e´ un´altra storia
la prima parte del nostro compito qui e´finita. abbiamo raccolto piü cose possibili ed abbiamo fotografato piü cose possibili. per la tesi sembra tutto ok.
ora fuori c´e´ il sole. ci saranno zero gradi. quindi il sole e´ debole, ma va bene uguale. la gente qui e´ fredda come il clima se non peggio. ma la birra riscalda. a modo suo, ma riscalda. a presto.
la prima parte del nostro compito qui e´finita. abbiamo raccolto piü cose possibili ed abbiamo fotografato piü cose possibili. per la tesi sembra tutto ok.
ora fuori c´e´ il sole. ci saranno zero gradi. quindi il sole e´ debole, ma va bene uguale. la gente qui e´ fredda come il clima se non peggio. ma la birra riscalda. a modo suo, ma riscalda. a presto.
domenica 8 gennaio 2006
Ec'èilsoleanched'inverno.
e c'è il sole anche d'inverno. e si può andare pure in bici senza guanti, le mani non soffrono.
mentre bisogna riprendersi dagli stravizi e non c'è neanche il tempo forse.
vecchie fiamme, si rifanno vive e tu che ti chiedi che cosa mai vorranno. un mio amico forse saprebbe rispondere. a me non va di rispondere.
un nuovo anno che è cominciato ed il capodanno come una linea sulla sabbia. la bellezza della luce.
macinare quattromilacento km in una settimana in macchina. su e giù. più o meno. ma i chilometri restano. c'è chi rimane alla mattonella sul lungomare, ma questa è un'altra storia.
mentre bisogna riprendersi dagli stravizi e non c'è neanche il tempo forse.
vecchie fiamme, si rifanno vive e tu che ti chiedi che cosa mai vorranno. un mio amico forse saprebbe rispondere. a me non va di rispondere.
un nuovo anno che è cominciato ed il capodanno come una linea sulla sabbia. la bellezza della luce.
macinare quattromilacento km in una settimana in macchina. su e giù. più o meno. ma i chilometri restano. c'è chi rimane alla mattonella sul lungomare, ma questa è un'altra storia.
sabato 7 gennaio 2006
appena tornato da amsterdam
forse banale ma rende bene.
Vedi caro amico cosa ti scrivo e ti dico e come sono contento di essere qui in questo momento, vedi, vedi, vedi, vedi, vedi caro amico cosa si deve inventare per poterci ridere sopra, per continuare a sperare. E se quest'anno poi passasse in un istante, vedi amico mio come diventa importante che in questo istante ci sia anch'io. L'anno che sta arrivando tra un anno passerà io mi sto preparando è questa la novità.
lucio dalla
Sogni di gioventù
UN MEDICO
(F.De Andrè - G.Bentivoglio - N.Piovani)
Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando rossi di frutti li credevo feriti,
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti
Un sogno, fu un sogno ma non durò poco,
per questo giurai che avrei fatto il dottore,
e non per un dio ma nemmeno per gioco:
perché i ciliegi tornassero in fiore
E quando dottore lo fui finalmente
non volli tradire il bambino per l'uomo
e vennero in tanti e si chiamavano gente,
ciliegi malati in ogni stagione
E i colleghi d'accordo, i colleghi contenti
nel leggermi in cuore tanta voglia d'amare,
mi spedirono il meglio dei loro clienti
con la diagnosi in faccia e per tutti era uguale:
ammalato di fame, incapace a pagare
E allora capii, fui costretto a capire
che fare il dottore è soltanto un mestiere,
che la scienza non puoi regalarla alla gente
se non vuoi ammalarti dell'identico male,
se non vuoi che il sistema ti pigli per fame
E il sistema sicuro è pigliarti per fame
nei tuoi figli, in tua moglie
che ormai ti disprezza,
perciò chiusi in bottiglia quei fiori di neve,
l'etichetta diceva : elisìr di giovinezza
E un giudice, un giudice con la faccia da uomo
mi spedì a sfogliare i tramonti in prigione
inutile al mondo ed alle mie dite,
bollato per sempre truffatore imbroglione,
dottor professor truffatore imbroglione.
(F.De Andrè - G.Bentivoglio - N.Piovani)
Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando rossi di frutti li credevo feriti,
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti
Un sogno, fu un sogno ma non durò poco,
per questo giurai che avrei fatto il dottore,
e non per un dio ma nemmeno per gioco:
perché i ciliegi tornassero in fiore
E quando dottore lo fui finalmente
non volli tradire il bambino per l'uomo
e vennero in tanti e si chiamavano gente,
ciliegi malati in ogni stagione
E i colleghi d'accordo, i colleghi contenti
nel leggermi in cuore tanta voglia d'amare,
mi spedirono il meglio dei loro clienti
con la diagnosi in faccia e per tutti era uguale:
ammalato di fame, incapace a pagare
E allora capii, fui costretto a capire
che fare il dottore è soltanto un mestiere,
che la scienza non puoi regalarla alla gente
se non vuoi ammalarti dell'identico male,
se non vuoi che il sistema ti pigli per fame
E il sistema sicuro è pigliarti per fame
nei tuoi figli, in tua moglie
che ormai ti disprezza,
perciò chiusi in bottiglia quei fiori di neve,
l'etichetta diceva : elisìr di giovinezza
E un giudice, un giudice con la faccia da uomo
mi spedì a sfogliare i tramonti in prigione
inutile al mondo ed alle mie dite,
bollato per sempre truffatore imbroglione,
dottor professor truffatore imbroglione.
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