Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati, seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam, quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare Tyrrenum: sapias, vina liques, et spatio brevi spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
Non ti chiedere mai, ché non si può, qual destino gli dèi abbiano pronto per me, per te, Leucònoe, né ti curar di oroscopi Babilonesi. Meglio, quel che verrà, prender così com'è. Se molti inverni Dio ci darà, o sarà questo l'ultimo che spumeggiante scaglia il Tirreno contro le rupi a infrangersi. Metti giudizio, versami il vino, le tue speranze regola giorno per giorno. Mentre parliamo, l'ora già scorre rapida.Cogli il tuo tempo, meno che puoi fidati del domani.
Orazio, Quinto Flacco, poeta latino,
(Venosa 65 a. C.- Roma 8 a. C.), Odi, I, 11.
martedì 2 giugno 2009
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3 commenti:
Perche non:)
carpe diem sempre....e anche boia chi molla!!!
"Versami il vino"?
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