Tirò un respiro profondo, di quelli da cambiare il clima nei polmoni.Seguì un colpo di tosse secco, come quando un animatore simpatico dice di fare un applauso, e batte una contro l'altra le mani una volta sola.Guardò oltre la finestra.La pioggia insistente aveva trasformato il vetro in mille lenti di ingrandimento.Deve essere così che vedono le mosche, pensò.
Si toccò la faccia, accarezzando le garze che ne ricoprivano la quasi totalità.Chissà come sono ora, disse, rivolto verso uno specchio immaginario.
L'infermiera entrò silenziosa."Tienes à tomar esta", disse con una voce calda e quasi baritonale, tanto che lui pensò che anche lei aveva fatto qualche lavoretto particolare in quella clinica.
Inghiottì la pillola, senza acqua, assaporandola un pò.L'amaro misto a quel sapore di medicinale gli riempì la bocca.Bevve un sorso di acqua, da una bottiglia che era sul comodino, accanto al vasetto di fiori con una rosa finta dentro.
Si alzò, prese la sua borsa dal'armadio e la mise sul letto.
Ne tirò fuori una foto di donna.
"Amore, non mi riconoscerai più.Lo sapevo, tu non potevi sparire, ero io che dovevo sparire per sempre.L'amore non muore, le persone sì."La rimise dentro.Una lacrima rese umide le garze.Passò un dito sulle bende, cercando di asciugarle.
Prese il telefono della stanza.Compose un lungo numero, e dopo qualche secondo cominciò a parlare fitto fitto spagnolo, quasi biascicando le parole.
Chiuse la conversazione, ponendo un dito sulla base del telefono.
Il mio funerale è andato benissimo, pensò, diceva che c'era tanta gente.C'era anche lei.Piangeva, diceva che mi aveva sempre amato.
Si stiracchiò, grattandosi lievemente il petto.
Fuori, le nuvole cominciavano a diradarsi, e un raggio di sole entrò nella stanza.
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