La guardò un'ultima volta, con lo sguardo annebbiato dalle lacrime.Lei gli apparve come una macchia rosea, nella nebbia delle lacrime, un ricordo confuso , annegato nel dolore che quella vista gli procurava.Si voltò di scatto, senza parlare, senza singhiozzare, con una espressione dura sul volto.Le lacrime gli correvano sulle guance, per poi finire agli angoli della bocca,dove poteva sentirle scendere salate.Dopo pochi passi si mise a correre, una corsa folle, con i passi pesanti, verso un nulla che era la sua unica via d'uscita.Si fermò dietro un angolo, dopo qualche isolato, con il cuore che batteva a mille e il fiato che gli si spezzava in gola.Una morsa gli attanagliava lo sterno, e la gran voglia di urlare saliva nel petto, per poi rompersi all'inizio del collo.
Un peso sul cuore che si faceva insistente.
Io sono il cuore di Roberto.
Appoggiò i palmi delle mani sulle cosce, ansimando, versando lacrime sull'asfalto.Il sudore aveva cominciato a colare coposamente sulla sua fronte.Lo asciugò con la mano destra, strofinandola poi sulla giacca.Si incamminò nuovamente, questa volta lento, prendendo la direzione del centro.Fermò una bella signora, chiedendole una sigaretta: lei si voltò di scatto, come spaventata, e lo fissò a lungo mentre si accendeva la cigara, chiedendo infine se andava tutto bene, si- signora-grazie-tutto-bene rispose lui tutto d'un fiato.
Passeggiò a lungo, mentre faceva sera, guardando per la prima volta le facciate dei palazzi del Corso, come se non li avesse mai visti prima, stupendosi delle loro architetture e fermandosi davanti alle vetrine delle boutique alla moda.
Girovagò per ore, un pò sedendosi su panchine di giardinetti fino ad allora ignoti, poi prendendo vari caffè in bar sconosciuti.
Poi la vide.
Non era sola.
Io sono il fegato di Roberto.
Si mosse lentamente, raggiunse la coppia, tirò fuori dalla tasca il coltello.
Il fianco di lei si mostrò fin troppo cedevole alla lama.Un fiotto caldo ed appiccicoso gli investì la mano.Si ritrasse, giusto il tempo di vedere l'espressione più stupida della Terra dipinta sul volto dell'altro, che si chiedeva in un millisecondo cosa ci facesse lì in quel momento.
Io sono il cervello di Roberto.
La rivide, la macchia rosea di prima aveva assunto delle sfumature di rosso.
Ah, l'amore, che suicidio.
domenica 22 maggio 2005
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