sabato 30 maggio 2009


L’infinito nello spazio è più facile da concepire per l’uomo che l’infinito nel tempo. Nello spazio si può, una volta che si è raggiunta un’apertura mentale sufficiente, comprendere che la Terra è una particella dell’atomo di un atomo della mano di un essere gigantesco, che contempla un cielo nel quale brillano delle stelle che compongono la mano, il ventre e il piede di un essere gigantesco, che a sua volta si trova sotto un cielo ecc., e questo all’infinito.
Idem per l’infinitamente piccolo, sugli atomi degli atomi della nostra mano ci sono degli esseri intelligenti per i quali queste particelle sono dei pianeti e delle stelle, e questi esseri sono composti di atomi le cui particelle sono delle stelle e dei pianeti sui quali ci sono degli esseri intelligenti, ecc., ugualmente all’infinito.
Per l’uomo questo è più difficile da concepire per ciò che concerne il tempo. Poiché l’uomo nasce un giorno, vive un certo numero di anni e muore e gli piacerebbe che tutto l’universo fosse, come lui limitato nel tempo.
Per l’uomo che non è risvegliato ( e si tratta di oltre 99 % della popolazione mondiale) l’idea che l’universo qualcosa possa essere eterno gli è insospettabile, fosse anche l’universo stesso. E gli scienziati attuali non sfuggono a questa regola e dicono che l’universo misura “tanti chilometri” e che è vecchio tanti milioni di anni. Ciò che è misurabile è ciò che si percepisce nell’universo, che sia nello spazio o nel tempo.
Tutto è eterno, sia sotto forma di materia sia sotto forma di energia , e noi stessi siamo composti di materia eterna.
È tanto assurdo cercare un inizio dell’universo nel tempo quanto cercarlo nello spazio.
Riprendiamo l’esempio degli esseri che vivono su una delle particelle di un atomo della nostra mano, per i quali questa particella è un pianeta.
Per ciò che riguarda lo spazio, gli scienziati di questo pianeta microscopico, situato per esempio nel mezzo del midollo dell’osso della prima falange del nostro indice, diranno che le altre particelle che possono osservare a occhio nudo girano attorno al centro del mondo, il loro pianeta, la particella sulla quale si trovano. Poiché per loro sarà prima di tutto evidente che il loro pianeta è il centro dell’universo. Poi progrediranno sufficientemente perché un giorno un genio possa affermare che il loro sole non si sposta intorno al loro pianeta, e che anche le stelle non girano intorno al loro piccolo mondo, e che è proprio il loro pianeta che gira su sé stesso in un cielo immobile che gira nello stesso tempo intorno al loro sole.
Sarà certamente bruciato come eretico dagli stregoni inquisitori del pianeta particela, ma verrà un giorno in cui grazie a degli strumenti di osservazione sempre più perfezionati, ci si accorgerà che aveva ragione.
Allora i dotti esperti di questa epoca misureranno l’universo, in tutta modestia dicendo che si estende dalla stella particella più lontana situata in una estremità del cielo alla stella particella più lontana situata all’altra estremità. Questo infatti non rappresenterà che un miliardesimo di miliardesimo della regione del nostro dito dove si trovano. Ma poiché non potranno vederne di più, essi dedurranno che l’universo si arresta dove essi non vedono più niente.
Poi, le tecniche di osservazione progrediranno ancora e ci si comincerà accorgere che ci sono altre galassie e che ci sono degli ammassi di galassie. Che importa, ciò proverà che l’universo è semplicemente più grande di come si era potuto immaginare, ma misurerà sempre tanti miliardi di chilometri o anni luce, un po’ più di prima, eventualmente dieci o cento volte di più, ma misurerà qualche cosa.
Noi siamo sulla nostra Terra nella progressione. Ma torniamo al piccolo pianeta situato nel nostro dito.
La scienza progredisce sempre di più, gli abitanti della nostra falange vengono al lanciarsi in esplorazioni spaziali sempre più audaci. Arrivano così al limita dell’osso di cui il loro pianeta è un atomo di un atomo, e così possono asserire che l’universo misura un tanto. La prova : dopo nonché più niente di osservabile. Ma un pò più tardi, arrivano ad attraversare l’immensità che separa l’osso della nostra falange dal muscolo, e il loro universo guadagna ancora in dimensioni. Poi migliorano ancora il loro veicoli spaziali e arrivano allo strato della pelle che ricopre il nostro dito. La è terminato; il loro universo con il nostro metro misura un centimetro e mezzo, con il loro metro tanti anni luce.
Ad essi resteranno da approfondire le loro esplorazioni spaziali nel resto del nostro corpo seguendo alcune correnti con le quali le stelle si spostano misteriosamente a delle velocità immaginabili, dei giganteschi corridoi, dei quali stenderanno, delle carte, che permetteranno loro di partire e di ritornare verso il loro pianeta e che essi non sapranno essere i nostri vasi
Fonti:
www.letterealdirettore.it

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