martedì 21 marzo 2006

Corsa a mano armata/3

Ma non durò a lungo.Meeting di atletica di Padova.L'inizio del mio declino.
Controllo antidoping positivo.Un giornalista della Gazzetta di Padova presente.
Squalifica con articolo sullo sport del giornale il mattino dopo.
Il mio preparatore si arrabbiò moltissino, dicendo che ero stato ingenuo, che dovevo sostituire l'urina con quella falsa che mi aveva dato lui.Io a spiegare che in bagno mi aveva accompagnato un tipo dell'organizzazione, che i controlli erano stati severi.Lui mi disse che in pratica ero fottuto, che ero sporco.Anche se non prendevo nulla, se avessi vinto tutti avrebbero
sempre sospettato."Dopato una volta, dopato per sempre" ripeteva.Mi ci addormentai la sera, con quella frase che mi rimbobava nel cervello.Mio padre si arrabbiò moltissimo vedendo il giornale, mi disse che era preoccupato per me, che dovevo tornare a casa.Mia madre piangendo singhiozzava "mio figlio, drogato".Una tortura.
Mollai il preparatore prima che mi mollasse lui.Aveva già preso sotto la sua ala un altro giovane promettente.Io ero già vecchio.
Tornai a casa, per un periodo di riposo.Mi allenavo comunque tutti i giorni, e duramente, ma senza pillole non facevo tempi da gara, se mi fossi permesso il lusso di rientrare avrei fatto solo figuracce.Il mio fisico si era abituato a quella roba.
Correvo sotto la pioggia, da solo, con la musica nelle orecchie.Mi allenavo per qualche piccola gara amatoriale, dove mi iscrivevo come ospite, per prestigio.Vincevo, ma non contava nulla.A un ristoro, sentii due ragazzi commentare la mia vittoria con le parole "chissà cosa ha preso, stavolta".
Non ce la facevo a riprendere.La depressione mi stava rodendo dentro.La mattina faticavo ad alzarmi.Sempre stanco.Sempre affaticato.Ero finito.
Cominciai a drogarmi.Avevo un bel pò di soldi da parte, e una marea di falsi amici.Cene, serate, droga.Una routine.
Solo.Mi sentivo spesso solo.
Dopo 1 anno di questa vita, fuori dal giro delle gare, gonfio come una botte per la droga e gli psicofarmaci (esito di un blando tentativo di uscirne fuori),ero l'ombra di me stesso.E senza una lira.
Con la voglia di droga che mi divorava.Il mio fisico da sportivo era diventato quello di un tossico.
Non avevo il coraggio di prendere soldi in casa nè di chiederne ai miei.Dopotutto, ero ancora un bravo ragazzo, ma mi servivano soldi.
Conobbi un tizio,figlio di un operaio che trafficava di tutto.Una rapina, mi disse.Vuoi i soldi, vatteli a prendere.La pistola te la presto io.
Ero in astinenza marcia, imbottito di farmaci.
Accettai.
Cominciai dai tabaccai dei paesi vicini.Colpi da 2-300 euro.Rapido, entravo col passamontagna calato, arma in pugno.Dopo, correvo via a piedi, ero imprendibile tra i vicoli e mi dileguavo nelle campagne.
Era maggio.Avevo messo su un pò di soldi, mi servivano altri 500 euro e potevo stare tranquillo per un pò.L'adrenalina delle rapine mi stava consumando, il cuore sembrava mi uscisse dal petto, neanche nelle gare andavo così forte.Un razzo.
Ragiunsi col treno un paese un pò più lontano.Mi sembrava sicuro.Avevo notato una tabaccheria ben fornita, faceva un sacco di soldi.
Presi il passamontagna dalla tasca , lo indossai a mò di berretto.Pistola in tasca.Mi avvicinai, lo calai velocemente sul viso ed estrassi la pistola.Entrai.
Rapina fu l'ultima parola che dissi.Quando mi avvicinai alla cassa, il tabaccaio si mostrò agitato, mentre apriva il cassetto dei contanti frugò rapidamente sul fondo.Estrasse una pistola E MI SPARO'.
In testa.Caddi indietro, e avvertii il tonfo del mio corpo sul pavimento.
Non morii subito.Sentii la moglie del tabaccaio urlare "che hai fatto!!!!", vidi lui avvicinarsi e togliermi il passamontagna.Mi riconobbe immediatamente.Ero famoso, da quelle parti.
La vita mi scivolò via come seta dalle mani.
Il mio ultimo pensiero andò alle lacrime silenziose che avrebbe pianto mio padre.E ai titoli dei giornali.Poi, silenzio e buio.


Dedicato a Marco Pantani.Ci hai regalato sogni, noi ti abbiamo restituito incubi.Grazie, pirata.

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