venerdì 7 marzo 2008

Closer, Joy Division


Surfando di qua e di la ho trovato questo articolo che non mi risparmio di segnalarvi. Molto bello. 

Fabio De Luca cscriveva un pò di tempo fa credo sul sito weekendance:


"Mettersi a fare un film sulla vita e le opere di una band come i Joy Division significa cercare grane, per almeno un paio di buone ragioni. La prima è che è proprio la "dimensione" dei Joy Division ad essere strana: sono stati una delle band più influenti della stagione a cavallo tra il punk e la new-wave, una buona fetta di chi oggi abita la parte alta delle classifiche (U2Moby e Foo Fighters solo per citarne tre a caso) li considera un’ispirazione fondamentale ed una delle ragioni che li ha spinti a formare una band. Eppure non sono mai usciti dal loro status di "culto", non sono mai diventati realmente "famosi", non sono mai entrati nell’immaginario condiviso da tutta una generazione. La seconda è che - anche e soprattutto per le ragioni testé ricordate - i Joy Division non sono i Doors, né iNirvana, e neanche i Sex Pistols. Non si può dare nulla per scontato sul loro conto presso il "grande pubblico", non esiste una singola loro canzone che sia conosciuta ai livelli di una Light My Fire o unaSmells Like Teen Spirit, nessuna loro immagine è mai stata accolta nell’iconografia ufficialmente riconosciuta del Ventesimo Secolo alla pari del Jim Morrison coi capelli fluenti ed i pantaloni di pelle. Eppure sono una figura di culto, eppure la loro importanza si estende fino ad oggi anche al di là di chi - come gli Interpol - li cita esplicitamente (o di chi, come i nostrani Offlaga Disco Pax, li cita implicitamente cercando di riprodurre in vitro la straordinaria secchezza della produzione di Martin Hannett e il modernismo eroico del segno graficoFactory). La loro è una presenza discreta e costante, mai venuta meno mano a mano che le mode si avvicendavano e gli stili passavano e ritornavano in auge. In conclusione: le ragioni per cui i Joy Division non sono un’icona neanche lontanamente paragonabile ai Doors o ai Nirvana - e dunque non esattamente soggetto ideale per un film - sono le stesse per cui qui, tra gli appassionati, i Joy Division non li si è mai smessi di amare.

Per le stesse ragioni sale agli occhi un po’ di magone quando, come la scorsa primavera, arrivano notizie tipo quella che Love Will Tear Us Apart è stata nominata per un Brit Award nella categoria "Miglior Canzone degli ultimi 25 anni". Il premio poi l’ha vintoAngels di Robbie Williams, e va benissimo così, ottima scelta davvero. Ma "lasciate stare i Joy Division" viene da dire a chi li ama e li ha amati: e non per snobismo, non per una supposta superiorità delle loro schegge d’interiorità sofferta rispetto al pop da classifica, ma solo per evitare di vedere la loro specificità, la loro unicità (quella stessa che ha impedito ai Joy Division di diventare delle icone a tutti gli effetti, come si notava), diluita, semplificata, ridotta al minimo comun denominatore di un format tollerabile da magazine generalisti e notiziari televisivi. "La maggior parte delle canzoni assume una vita propria una volta che lasciano la penna del loro autore ed entrano nel mondo reale" scriveva lo scorso maggio Sean O’Hagan sul quotidiano inglese The Observer: "Love Will Tear Us Apart però è l’eccezione che conferma la regola, appartiene esclusivamente ai Joy Division ed a Ian Curtis, anche se alla fine nemmeno lui è riuscito a sopportarne il peso". Per questa ragione l’idea di un film sui Joy Division (ci) fa paura. Perchè è una storia che ha molto a che fare con le canzoni e molto poco con la vicenda di chi quelle canzoni ha scritto, nonostante l’atto finale - il suicidio di Ian Curtis nel maggio del 1981 - molto abbia contato, ovviamente, nel colorare tali canzoni, a posteriori, di toni ancor più oscuri e densi di presagi di quanto già non fossero all’inizio. (...)  "

E questo è l' articolo completo.

Love will tear us apart. 

Saluti.

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